Blog

Blog

08 mag, 2023
In questo periodo storico, complice la crisi economica e del settore immobiliare, acquistare casa è indubbiamente conveniente. Gli immobili in vendita sono tanti ed i prezzi sensibilmente ridotti rispetto a qualche anno fa. Soprattutto se l’acquisto avviene direttamente dal costruttore. Ma siamo proprio sicuri che acquistare un immobile sia così facile? Di seguito vogliamo fornire alcuni semplici ma importanti suggerimenti da tenere ben presenti qualora decideste d'acquistare un immobile direttamente dall’impresa costruttrice. Innanzitutto è opportuno ricordare che l’acquisto d'immobili da costruire è materia specificatamente disciplinata dal Decreto Legislativo 20 giugno 2005 n. 122, al quale rimandiamo per una lettura più esaustiva e completa. Con tale intervento legislativo sono state introdotte alcune importanti garanzie a tutela dell’acquirente, soprattutto nelle situazioni, purtroppo frequenti, di insolvenza o fallimento dell’impresa costruttrice. Capitava infatti frequentemente che l’acquirente, dopo aver versato anticipi o caparre, a seguito del fallimento dell’impresa non riuscisse a recuperare quanto corrisposto. In tali casi l’acquirente finiva con il perdere amaramente sia la casa promessa in vendita sia i soldi anticipati. Fortunatamente la situazione è ora sensibilmente migliorata. Vediamo quindi insieme le questioni più rilevanti. 1) La "garanza fideiussioria". La più importante è certamente rappresentata dal rilascio obbligatorio (a pena di nullità del contratto) di una fideiussione da parte del costruttore. La fideiussione altro non è che una garanzia di pagamento prestata da un terzo, nell’ipotesi in cui il debitore principale (nel nostro caso, il costruttore) non vi provveda. In materia di immobili da costruire, la sua funzione è quella di garantire la restituzione delle somme che l’acquirente abbia versato al costruttore nelle situazioni di crisi in cui quest’ultimo non sia in grado di restituire quanto riscosso e neppure di trasferire gli immobili promessi in vendita. E' importante sapere che, al momento della stipula del c.d. contratto preliminare (ovvero di quel contratto che precede l’atto notarile ed in cui le parti s'impegnano rispettivamente a vendere e comprare), il costruttore è obbligato a consegnare all’acquirente una fideiussione, di valore corrispondente a quanto riscosso o da riscuotere, prima dell’effettivo trasferimento dell’immobile. La fideiussione è normalmente rilasciata da una Banca o da altra impresa che esercita attività assicurativa. Al verificarsi di una situazione di crisi che impedisca il trasferimento dell’immobile (ad esempio fallimento del costruttore o pignoramento delle unità abitative promesse in vendita), l’acquirente che pretenda la restituzione di quanto pagato potrà inviare una raccomandata a/r alla banca o assicurazione che abbia prestato la fideiussione. Pertanto l’acquirente, senza neppure dover prima richiedere il pagamento all’impresa costruttrice, potrà escutere (impugnare legalmente) la fideiussione e pretendere dal terzo (banca o assicurazione) il ritorno di quanto versato. Il fideiussore sarà tenuto a pagare entro 30 giorni dalla richiesta. 2) L’assicurazione sull’immobile. Il Decreto Legislativo n. 122/2005 ha introdotto un’ulteriore garanzia a tutela dell’acquirente: la c.d. polizza indennitaria decennale. Si sa che il costruttore, anche ai sensi dell’art. 1669 c.c., risponde dei danni derivanti dalla rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, successivamente alla stipula del contratto definitivo. Il costruttore è legalmente responsabile (e quindi tenuto a rispondere dei danni) sino a dieci anni dopo il compimento delle opere. Orbene: anche in questo caso capitava frequentemente che l’acquirente si rivolgesse al costruttore per far valere tale garanzia scoprendo poi, con amara sorpresa, come lo stesso avesse cessato l’attività o fosse addirittura fallito. Non di rado accadeva che l’acquirente non riuscisse neppure a rintracciare il costruttore a distanza di anni. Ai sensi dell’art. 4 del Decreto Legislativo sopra richiamato, il costruttore è ora obbligato a rilasciare una polizza assicurativa decennale con efficacia dalla data di ultimazione dei lavori. Nelle ipotesi di rovina totale o parziale dell’immobile, di gravi difetti costruttivi, l’acquirente potrà quindi ottenere quanto gli spetta anche se il costruttore non possa o non intenda pagare il dovuto. 3) La trascrizione del contratto preliminare. Un ultimo, importante strumento di tutela per chi intenda acquistare immobili (soprattutto dal costruttore) è la trascrizione del contratto preliminare. Oltre alla possibilità di trascrivere il contratto definitivo di acquisto è infatti possibile, ai sensi dell’art. 2645 bis c.c. al quale si rinvia per una lettura più completa della materia, trascrivere anche il contratto preliminare. Quest'ultimo dev'essere effettuato con scrittura privata autenticata o attraverso atto pubblico notarile, e l’effetto della trascrizione equivale, in buona sostanza, ad una “prenotazione” (prevale non a caso su qualsiasi trascrizione od iscrizione ad essa successiva). Trascrivendo il contratto preliminare, l’acquirente si pone al sicuro da qualsiasi aggressione dell’immobile proveniente da terzi o dallo stesso venditore (si pensi al caso di un pignoramento o dell’iscrizione di un’ ipoteca). Gli effetti della trascrizione del preliminare cessano tuttavia se, entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione, non sia eseguita trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare. Come si è visto, molti sono gli aspetti da non sottovalutare nel momento in cui decidiamo di acquistare casa. Per qualsiasi approfondimento della materia si rimanda ai riferimenti normativi indicati nel presente articolo. Un ultimo suggerimento: qualora abbiate dubbi, prima di sottoscrivere un contratto o di eseguire pagamenti di acconti/caparre, approfondite le questioni che vi sembrano meno chiare e, nel caso, avvaletevi della consulenza di un professionista di vostra fiducia. Eviterete spiacevoli sorprese e potrete acquistare la vostra casa in totale serenità. Avv. Raffaele Coen
08 mag, 2023
 La cronaca quotidiana ogni giorno ci ricorda quanto possa essere pericoloso guidare sotto l’effetto dell’alcool. Per la nostra incolumità e per quella degli altri. Ma conosciamo davvero le conseguenze (anche penali) di tale condotta? Vediamole insieme. Cosa dice la legge L’art. 186 del Codice della Strada (CDS) parla chiaro: “è vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche”. Orbene, il medesimo articolo individua tre diverse ipotesi, a seconda della gravità della condotta (ovvero di quanto sia grave lo stato di ubriachezza). Specifica infatti l’art. 186 del Codice della Strada: “Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca più grave reato: a) con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 527 a euro 2.108, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (g/l). All'accertamento della violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi; b) con l'ammenda da euro 800 a euro 3.200 e l'arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro (g/l). All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno; c) con l'ammenda da euro 1.500 a euro 6.000, l'arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro g/l). All'accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente è raddoppiata. La patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, in caso di recidiva nel biennio. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se e' stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all'art. 224 ter.” La legge quindi gradua la punizione del trasgressore a seconda dell’entità del suo stato di alterazione alcolica. Sino a 0,5 g/l è consentita la circolazione senza alcuna conseguenza (ad eccezione di alcune categorie di conducenti di cui all’art. 186 bis CDS). Da 0,5 g/l a 0,8 g/l la trasgressione determina solo conseguenze amministrative (pagamento sanzione amministrativa e sospensione della patente di guida per minimo tre mesi). Sopra la soglia di 0,8 g/l la situazione si complica. In tal caso, infatti, la condotta integra a tutti gli effetti un reato. Se quindi il test alcoolemico rileva un’alterazione superiore a 0,8 g/l, oltre a dover dire addio alla patente per qualche mese, dovremo anche affrontare un processo in Tribunale. Il che si traduce, inevitabilmente, nel rischio concreto di riportare una condanna penale per un comportamento tanto censurabile quanto evitabile. Deve poi ricordarsi che, se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le sanzioni sono raddoppiate ed è disposto il fermo amministrativo del veicolo per centottanta giorni, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea all'illecito. E’ ancora importante sapere che l’ammenda è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7. Infine, nel caso di alterazione superiore a 1,5 g/l le pene dell’ammenda, dell’arresto e la durata della sospensione della patente sono aumentate sensibilmente. In tal caso, nell’ipotesi di incidente, la patente di guida viene revocata. E se sono un neopatentato? In tal caso, la nostra condotta di guida deve essere ancora più accorta. Infatti, l’art. 186 bis CDS vieta la guida dopo aver assunto bevande alcoliche e sotto l'influenza di queste per alcune specifiche categorie di guidatori e nello specifico: a) i conducenti di eta' inferiore a ventuno anni e i conducenti nei primi tre anni dal conseguimento della patente di guida di categoria B; b) i conducenti che esercitano l'attivita' di trasporto di persone, di cui agli articoli 85, 86 e 87; c) i conducenti che esercitano l'attivita' di trasporto di cose, di cui agli articoli 88, 89 e 90; d) i conducenti di autoveicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, di autoveicoli trainanti un rimorchio che comporti una massa complessiva totale a pieno carico dei due veicoli superiore a 3,5 t, di autobus e di altri autoveicoli destinati al trasporto di persone il cui numero di postia sedere, escluso quello del conducente, e' superiore a otto, nonche' di autoarticolati e di autosnodati. Tali soggetti pertanto devono avere sempre un tasso alcolemico pari a zero. E’ possibile evitare la condanna penale ed estinguere il reato? La legge offre la possibilità di estinguere reato. Ma solo a determinate condizioni. Infatti, al di fuori dei casi in cui il conducente in stato di ebbrezza abbia causato un sinistro stradale, la pena detentiva e pecuniaria possono essere sostituite con quella del lavoro di pubblica utilità (in breve, LPU). Trattasi di una “prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze” (art. 186 CdS). In caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice disporrà la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e la revoca la confisca del veicolo sequestrato. I lavori di pubblica utilità altro non sono che lavori prestati a favore della collettività attraverso Enti convenzionati e secondo un calendario prestabilito (ad es. canili o gattili della città, associazioni di volontariato, ecc…). Il lavoro di pubblica utilità consente pertanto di: - ridurre alla metà il periodo di sospensione della patente di guida; - evitare la confisca del mezzo appartenente al trasgressore; - estinguere il reato. Attenzione però: i lavori di pubblica utilità possono sostituire la pena detentiva per non più di una volta e solo se non si è verificato un incidente. E se ho fatto un incidente stradale oppure ho già usufruito dei lavori di pubblica utilità? Come faccio ad estinguere il reato? In tal caso, qualora vi siano le condizioni di legge, si potrà optare per la definizione del processo penale attraverso l’istituto della c.d. “messa alla prova dell’imputato”. Ai sensi dell’art. 168 bis cp, infatti, “nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del codice di procedura penale, l'imputato, anche su proposta del pubblico ministero, può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l'affidamento dell'imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali”. Anche in questo caso si tratta, in buona sostanza, di lavori di volontariato a favore della collettività. All’esito dello svolgimento del periodo di messa alla prova, il reato (come nel caso dei lavori di pubblica utilità di cui abbiamo parlato in precedenza), verrà dichiarato estinto. Bisogna peraltro ricordare che sul punto è recentemente intervenuta recentemente la Corte Costituzionale la quale, con sentenza n. 163/2022 ha equiparato l’istituto della messa alla prova ai lavori di pubblica utilità con riferimento alla riduzione della sospensione della patente di guida. In pratica la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 224 ter CDS nella parte in cui non prevede che l’esito positivo della messa alla prova comporti anch’essa il dimezzamento delle sospensione della patente. Quindi, se non vi sono incidenti che siano conseguenza dell’uso di sostanze alcoliche e/o di stupefacenti, anche la messa alla prova comporterà, all’esito del positivo percorso disposto dal Tribunale, il dimezzamento della sospensione della patente di guida. Già in precedenza la Corte Costituzionale aveva inteso equiparare i due istituti dichiarando con sentenza n. 75/2020 l’illegittimità dell’art. 224 ter CDS nella pfggarte in cui prevedeva la confisca del mezzo anche all’esito positivo della messa alla prova. La sospensione del processo per messa alla prova dell’imputato è quindi da tenere ben in considerazione in quanto: - in assenza di incidente stradale determina la riduzione alla metà del periodo di sospensione della patente; - in assenza di incidente stradale, impedisce la confisca del mezzo appartenente al trasgressore; - in ogni caso determina l’estinzione del reato. Considerazioni conclusive La nostra analisi conferma quanto detto all’inizio: guidare in stato di ebbrezza rimane sempre e comunque un comportamento che può avere gravi conseguenze. Non solo per quanto riguarda la nostra patente, ma anche per il nostro portafoglio. Tenete infatti presente che in tema di RCA, l'impresa di assicurazione ha diritto di rivalsa verso l'assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione (art. 144 Codice delle Assicurazioni). Uno dei casi spesso previsti da alcune polizze assicurative è proprio quello in cui il conducente del mezzo coinvolto nel sinistro sia in stato di ebbrezza alcolica. Questo significa che l’Assicurazione prima paga il danneggiato e poi richiede il rimborso al responsabile! Le conseguenze in termini economici possono quindi essere davvero pericolose. Teniamo quindi ben a mente che, quando siamo al volante, la sicurezza nostra e quella degli altri deve essere sempre in cima alle nostre priorità.
08 mag, 2023
 Oggi vedremo invece alcune clausole contrattuali più ricorrenti. In particolare affronteremo quelle clausole che è bene leggere attentamente prima di sottoscrivere un contratto per evitare spiacevoli sorprese. Ma che cos’è una clausola contrattuale? Come già sapete, un contratto altro non è che l’incontro tra le volontà di due o più parti. Ciascuna delle parti ha all’interno del contratto propri personali interessi. Il contratto è quindi il risultato del bilanciamento degli opposti interessi delle parti. In buona sostanza, un punto di incontro. Tale risultato spesso può essere orale. Altre volte, invece, viene formalizzato e le parti elencano i diritti e gli obblighi che assumono con la sottoscrizione. In tal caso, il contratto (scritto) contiene al suo interno più clausole contrattuali. La clausola contrattuale allora altro non è che una parte del contratto produttiva di effetti guridici o riproduttiva di uno specifico accordo tra le parti. La necessaria integrazione del contratto Per quanto le parti possano aver dettagliatamente scritto un contratto, può sempre essere che abbiano dimenticato qualcosa. Per dimenticanza, per errore, per affidamento sulla buona fede dell’altro contraente, fatto sta che spesso il contratto è incompleto. In tal caso, se non vi fosse la possibilità di integrare il contratto, potrebbero insorgere problemi. Supponiamo ad esempio un contratto di compravendita che non preveda dove debba essere consegnata la merce (domicilio del venditore o dell’acquirente?). Se le parti non si mettono d’accordo, intervengono a supporto le norme di legge previste per il contratto di compravendita. E così è per ogni categoria di contratto. E’ quindi opportuno ricordare che “il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza secondo gli usi e l’equità.” (art. 1374 c.c.). Le clausole contrattuali più comuni Vediamo adesso alcune clausole contrattuali che possono avere importanti conseguenze per chi le sottoscrive. Sono solo alcuni esempi, senza carattere esaustivo, ma utili per stimolare il nostro senso critico. 1) Clausola di tacito rinnovo Alcuni contratti possono essere ad esecuzione istantanea (ad esempio, compravendita di un bene con immediata consegna e pagamento del prezzo). Altre volte, invece, il contratto può prevedere una durata più lunga ed un ripetersi della prestazione caratteristica. Poniamo, ad esempio, il caso del contratto di affitto ovvero di assicurazione. L’inquilino abiterà l’appartamento preso in affitto per un certo tempo dietro pagamento del canone mensile; allo stesso modo, dietro pagamento del premio, la compagnia assicuratrice garantirà la copertura in caso di sinistro per un determinato periodo di tempo. Orbene, nei contratti di durata dobbiamo prestare particolare attenzione al fattore “tempo”. Può infatti capitare che il contratto preveda una durata prestabilita (ad esempio, sei mesi, un anno, ecc…). Tuttavia, non sempre alla scadenza concordata le parti possono considerarsi “libere”. Talvolta infatti il contratto può contenere un rinnovo automatico dei propri effetti. In altri termini, il contratto può rinnovare i propri effetti senza che le parti si ritrovino per una nuova sottoscrizione e senza che si debbano mettere nuovamente d’accordo. In tale circostanze, spesso il contratto prevede che sia onere della parte che non ha più interesse a proseguire il rapporto comunicare all’altro contraente tale sua volontà a mezzo raccomandata a/r ed entro un termine prestabilito. Tale è ad esempio il caso del contratto di locazione ad uso abitativo. Di norma l’inquilino deve comunicare al proprietario di casa la propria volontà di non rinnovare il contratto con un preavviso di almeno sei mesi. In mancanza, il contratto si intende tacitamente rinnovato per un periodo uguale al primo. In ambito assicurativo, potremo trovare tale clausola nelle polizze danni quali, ad esempio, la polizza di assicurazione contro gli infortuni o sulla casa. Nel caso della polizza per la Rc auto, invece, è importante sapere che per legge il tacito rinnovo è stato eliminato dal 1 gennaio 2013. E’ in ogni caso fondamentale conoscere se il nostro contratto prevede un tacito rinnovo e, in tal caso, avere ben a mente gli adempimenti necessari per evitare tale effetto. 2) La franchigia in ambito assicurativo. In ambito assicurativo merita particolare attenzione la clausola di franchigia. Se dovete assicurare la Vostra casa o sottoscrivere un contratto di assicurazione contro gli infortuni, è buona norma assicurarsi sull’esistenza o meno di tale clausola. Perché può cambiare in modo determinante l’entità del rimborso cui avreste diritto. La clausola di franchigia, infatti, prevede che una parte del danno (espressa in percentuale o in termini monetari) rimanga a carico esclusivo del danneggiato. Se ad esempio assicurate la Vostra casa per la somma di € 10.000,00 per i danni derivanti da fenomeni elettrici ed il contratto prevede una franchigia di € 3000,00, l’Assicurazione potrebbe non essere tenuta a rispondere. Nel caso in cui il danno fosse inferiore all’importo della franchigia (in questo caso € 3000,00), il danno rimarrebbe a Vostro carico. Nel caso in cui il danno fosse superiore, l’Assicurazione potrebbe invece essere tenuta a rispondere soltanto per la differenza. Prestate pertanto particolare attenzione a tale clausola perché può risultare determinante nella liquidazione del danno risarcibile. Di norma, tanto più elevata è la soglia di franchigia tanto più basso è il premio assicurativo. 3) Le clausole penali e la caparra penitenziale Il contratto può prevedere, nell’ipotesi di inadempimento di una o di entrambe le parti, determinate conseguenze. In particolare le parti possono concordare che per il semplice ritardo o per il caso di inadempimento, uno dei contraenti sia tenuto ad una determinata prestazione (spesso pecuniaria). In tal caso siamo di fronte ad una clausola penale (art. 1382 ss c.c.). La funzione della clausola penale è quella di stabilire a priori, senza necessità di norma di ricorrere al Giudice, un risarcimento danni in caso di inadempimento. L’entità della penale è determinata normalmente dalle parti. In alcune circostanze, se eccessiva o se la prestazione dovuta è stata anche solo parzialmente prestata, la penale può essere diminuita dal Giudice. Prestate quindi particolare attenzione nel momento in cui sottoscrivete un contratto contenente una clausola penale a Vostro carico. Nel caso in cui non riusciate ad adempiere alla prestazione promessa, potreste incorrere in spiacevoli conseguenze. Diversa invece è la cd. caparra penitenziale (art. 1386 c.c.). Tale clausola prevede uno specifico corrispettivo a carico di una o di entrambe le parti per recedere dal contratto. Normalmente il recesso dal contratto può essere effettuato soltanto nelle ipotesi di legge o per accordo di entrambe le parti. Tale è il caso ad esempio del diritto di recesso (ora da esercitarsi entro giorni 14) previsto dal Codice del Consumo per i contratti siglati a distanza o fuori dai locali commerciali (ad esempio, a casa o per strada). La caparra penitenziale prevede invece un corrispettivo economico per l’esercizio del diritto di recesso. In questo caso, chi recede perde la caparra prestata o, al contrario, deve restituire il doppio di quella eventualmente ricevuta dall’altro contraente. Anche in questo caso le conseguenze possono essere spiacevoli ed è opportuno prestare massima attenzione. 4) La scelta del foro competente Fino a quando non insorgono problemi nell’esecuzione del contratto, di solito non ci si preoccupa di come agire in giudizio per far valere un proprio diritto. Ciò nonostante, anche se il rapporto con la nostra controparte fosse disteso e sereno, è opportuno prestare attenzione alle clausole contrattuali che affrontano le modalità di risoluzione delle controversie. Con tali clausole le parti si accordano su come gestire eventuali contrasti. Ad esempio scegliendo espressamente il Foro competente. Il che significa, in altri termini, scegliere di fronte a quale Tribunale instaurare una causa. Salvo alcune ipotesi inderogabili (ad esempio, in materia di rapporti di lavoro), è infatti possibile per le parti scegliere il Tribunale che dovrà decidere eventuali controversie. Poniamo il caso di un contratto di compravendita in cui un contraente risieda a Brescia e l’altro a Verona. Sarà ben possibile per le parti decidere (per iscritto) che ogni controversia sia decisa dal Tribunale dell’una o dell’altra città. Anche in questo caso prestate particolare attenzione a tale tipologia di clausole. Tenete poi a mente che, come detto, in alcuni casi la competenza territoriale del Giudice è inderogabile (così come avviene quando una delle parti è un consumatore, ovvero agisce per scopi estranei alla propria attività di impresa o professionale). In alcuni casi è infine possibile che le parti si accordino per una soluzione alternativa delle controversie, facendo ricorso ad una “clausola compromissoria”. Con tale clausola i contraenti si accordano affinché ogni controversia sia decisa da uno o più Arbitri e non da un Giudice del Tribunale. In tale ipotesi dovete prestare particolare attenzione alle modalità formali di nomina dell’Arbitro (o degli Arbitri) e di convocazione della controparte. Per questa e per tutte le clausole di un contratto vale comunque la stessa regola di base: leggere e leggere bene. Se una clausola non Vi è chiara, fermatevi, documentatevi o chiedete supporto. Ricordate sempre che, anche in questo caso, “prevenire è meglio che curare”.
08 mag, 2023
Gli automobilisti lo sanno bene. Per quanta attenzione si possa prestare, ogni volta che ci mettiamo alla guida corriamo il rischio di essere coinvolti in un incidente. Non dobbiamo per forza pensare a qualcosa di grave; anche un piccolo tamponamento può causare infatti danni a cose e persone. Cosa bisogna fare quindi se ci troviamo coinvolti in un piccolo incidente stradale? Un primo suggerimento: non perdiamo il controllo. Può sembrare una banalità ma lo shock, l’agitazione o peggio ancora la rabbia possono spingerci a non comportarci con la necessaria lucidità. In un primo momento non è tanto importante se abbiamo torto o ragione: questo verrà eventualmente accertato in seguito e potremo rivolgerci alle Assicurazioni per richiedere il risarcimento. L’importante è scendere dalla nostra autovettura solo se in totale sicurezza (per se’ e per gli altri) ed in modo da non creare intralcio o peggio ancora pericolo per la circolazione. Inutile poi intraprendere animate discussioni con la nostra controparte. Se abbiamo a disposizione un modulo di constatazione amichevole (C.A.I.) e non sorgono contestazioni sulla dinamica dell’incidente, potremo risolvere la questione compilandolo e sottoscrivendolo insieme al conducente / proprietario dell’altro veicolo. La compilazione della C.A.I. non è però sempre facile ed immediata. Un consiglio pratico è quello di avere sempre a disposizione un modulo all’interno della Vs. autovettura. E’ sufficiente chiederlo all’Assicuratore al momento del rinnovo o della stipula della polizza. Esistono poi siti internet dai quali è possibile scaricare il modello in formato PDF. Avere il modulo a portata di mano ci aiuterà innanzi tutto a prendere familiarità con questo documento e potrà tornarci comodo se dovessimo averne bisogno. La C.A.I. è formata da più pagine ed ha la funzione di raccogliere quanti più dati possibili in merito all’incidente. Per questo deve essere compilata in modo chiaro e preciso. La C.A.I. presenta due parti speculari con bordi di colore blu e giallo (di norma soprannominate veicolo A e veicolo B). E’ necessario riempire ciascuna delle due parti con i dati richiesti. Il nostro modulo dovrà quindi contenere negli appositi spazi le informazioni relative a: - Data ed ora dell’incidente; - Luogo dell’incidente; - La presenza di più vetture coinvolte rispetto al veicolo A ed al veicolo B; - La presenza di altre cose (si pensi ad un cancello di abitazione privata o una bicicletta) rimaste danneggiate oltre ai veicoli A e B; - La presenza di feriti (in tal caso bisognerà nei successivi fogli indicarne i dati); - La presenza di testimoni; - Dati anagrafici del conducente e del proprietario di ciascun veicolo (ricordate che non sempre il conducente ed il proprietario del mezzo coincidono come ad esempio se vi trovate a guidare la macchina prestata da un amico o un parente); - Dati del veicolo (marca, targa, tipologia di veicolo). - Dati della Compagnia Assicuratrice di ciascun veicolo (numero polizza, scadenza, agenzia di riferimento) - Il punto d’urto iniziale dei due veicoli; - I danni visibili dei due veicoli. Il primo foglio della C.A.I. prevede poi al centro 17 opzioni da barrare relative a come si è svolto l’incidente (ad esempio, in caso di tamponamento, “tamponava procedendo nello stesso senso e nella stessa fila”) E’ quindi necessario per ciascun autoveicolo barrare la casella giusta. Vi è poi uno spazio bianco per il disegno (stilizzato) della dinamica dell’incidente. In fondo al primo foglio infine vi è lo spazio per la firma delle parti. Una volta terminato di compilare e firmare il modulo, ognuna delle parti terrà due copie da consegnare alla propria compagnia assicuratrice. Nel dubbio o laddove non vi fosse chiarezza in merito alla casella corretta da barrare, meglio non barrare alcuna casella e cercare di fare un disegno quanto più possibile chiaro e preciso. Allo stesso modo non sottoscrivete la constatazione amichevole di incidente se non siete d’accordo sulla dinamica del sinistro inserita da controparte ovvero ritenete che l’incidente si sia verificato per ragioni diverse rispetto a quelle sostenute dall’altro conducente. Ricordate che la constatazione amichevole firmata ha valore confessorio. Per cui, una volta sottoscritta, potrebbe successivamente risultare difficile dimostrare che in realtà i fatti si sono svolti diversamente da quelli indicati. Il consiglio è quindi quello di firmare con controparte la constatazione amichevole di incidente solo se sicuri di come effettivamente si siano svolti i fatti. Nel dubbio potrete richiedere l’intervento delle Autorità o inserire le vostre osservazioni sulla dinamica dell’incidente negli appositi spazi. Se invece fosse la Vostra controparte a rifiutarsi di firmare, compilate la constatazione in modo completo riguardo al Vostro veicolo ed indicate almeno i dati del mezzo e della compagnia assicuratrice dell’altra autovettura. Una volta firmata e compilata la C.A.I. sarà vostro compito quello di portarla alla Vostra Compagnia di Assicurazione il prima possibile e comunque entro tre giorni. La compilazione di questo modulo permette, come visto, di risolvere velocemente una situazione difficile. E’ inoltre utile per accelerare le pratiche risarcitorie laddove non vi siano contestazioni. Ricordate infine che la C.A.I. è valida in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea ed anche in Svizzera.
08 mag, 2023
 Prestiamo sempre la giusta attenzione quando firmiamo un contratto? Pensiamo, ad esempio, quando intendiamo iscriverci alla nuova palestra vicino casa, oppure cambiare gestore telefonico. O, ancora, ad ogni volta che facciamo un acquisto su internet: la rapidità con cui si possono compiere queste operazioni non giustifica mai una firma “frettolosa”. Perché firmare senza sapere cosa si firma potrebbe creare non pochi problemi. Oggi vogliamo parlarvi proprio delle attenzioni più semplici che dovete prestare quando firmate un contratto, di qualsiasi natura esso sia. Mai come in questo caso possiamo dire infatti che “prevenire è meglio che curare”. Ma che cos’è un contratto? Partiamo dall’inizio. Un contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale (art. 1321 c.c.). In altri termini, è il risultato dell’incontro della volontà delle parti. Pensiamo ad esempio a quando acquistiamo un oggetto o un vestito: la volontà di vendere del negoziante s’incontra con la nostra di comprare. È un contratto. In questo, come in altri casi, è sufficiente un accordo orale. Qualche volta la volontà delle parti deve invece, per legge, osservare una forma scritta, come quando acquistiamo una casa. Che sia vergato su carta, magari in presenza di un notaio, oppure in una forma di comune carattere commerciale, è bene ricordare che non può esservi contratto senza la volontà delle parti ed un oggetto determinato o determinabile. 1) La conoscenza della nostra controparte Sapere chi abbiamo di fronte è sempre fondamentale. Vi sono situazioni in cui le qualità dell’altra parte rivestono prioritaria importanza. Pensiamo ad esempio quando ci affidiamo ad un professionista per ricevere una consulenza. Se chiediamo ad un medico la “presa in carico” della nostra salute, spesso è perché vogliamo che sia proprio lui ad eseguire la prestazione richiesta, e non qualcun altro. In questi casi la “fiducia” nelle qualità della controparte è naturalmente essenziale. Altre volte la qualità della prestazione che intendiamo ricevere non dipende però strettamente dalle persone che abbiamo di fronte. Si pensi a quando intendiamo acquistare un prodotto di una particolare marca o caratteristica: ciò che per noi conta è l’oggetto dell’acquisto e non chi ce lo venda. In ogni caso, comunque, buon senso e prudenza impongo di conoscere sempre chi abbiamo di fronte. Se ad esempio voleste compiere un acquisto via internet, è sempre utile una ricerca sul venditore: cercare insomma sempre di reperire più informazioni possibili (feedback di precedenti acquirenti, luogo di residenza suo o sede dell’attività, da quanto è in affari, ecc.). Se conoscete qualcuno che ha concluso prima di voi lo stesso contratto, chiedetegli di parlarvi della sua esperienza, cercate di capire punti di forza e debolezza di ogni vostra controparte. E, nel dubbio, prima di firmare, prendetevi del tempo per informarvi meglio: non concludete mai un contratto se non riponete fiducia nella persona con cui vi trovate ad interagire. 2) Leggete tutto! La fretta, si sa, è cattiva consigliera. La regola d’oro in questi casi è leggere, e leggere tutto, in ogni sua parte (comprese le famigerate “scritte in piccolo”). Se il contratto è voluminoso: armatevi di pazienza. Ricordate che è vostro pieno diritto richiedere all’interlocutore di rilasciarvi una copia del contratto in visione, così da poterla valutare con calma. In questo modo potreste accorgervi di qualcosa che nella fase delle trattative vi era sfuggito o non vi era stato detto. In caso di clausole dubbie o citazioni di articoli di legge, infine, potrete fare una ricerca o consultarvi con qualcuno più esperto: così facendo giungerete preparati ad un secondo incontro (perché niente impone che qualcosa debba essere firmato sul posto, al momento, magari sull’onda della fretta, dell’emozione o dell’insistenza di qualcuno). Cercate in ogni caso di non farvi mai “intimorire” dall’impazienza dalla controparte: è fondamentale che vi prendiate il vostro tempo. Se chi avete di fronte non intende attendere che voi abbiate letto ogni singola clausola del contratto o si rifiuta di lasciarvi in visione una copia, forse è il caso di farsi qualche domanda. 3) Conservate una copia del contratto. Può sembrare una banalità, ma è importante avere immediatamente una copia del contratto che avete sottoscritto. Non solo per dimostrare di avere diritto alla prestazione che intendete ricevere, ma anche per poter valutarne ulteriormente il contenuto ed esercitare per tempo i vostri diritti. Poniamo il caso che vogliate recedere, nei termini di legge, dal contratto che avete appena siglato: va da sé che dobbiate averne una copia sotto mano. Non solo: la copia in vostro possesso dovrebbe essere datata e sottoscritta dalla controparte. Ricordate sempre di chiedere quindi sin da subito la vostra copia e, una volta ottenuta, conservatela con cura. Non intendono accontentare le vostre richieste, farfugliano giustificazioni incomprensibili o si mostrano irritati, sbrigativi, nervosi? Motivo in più per essere cauti. 4) Le condizioni generali di contratto e le clausole vessatorie In alcuni casi il nostro potere contrattuale può essere particolarmente ridotto. Pensiamo ad esempio a quando ci troviamo di fronte una polizza assicurativa o un contratto per la fornitura di gas o di energia elettrica. In queste situazioni il contratto è già stato già predisposto, è “standard”, e non abbiamo, di norma, la possibilità di modificarlo. L’accordo normalmente riproduce delle “condizioni generali” uguali per tutti. In questo caso la vostra attenzione deve essere massima. La legge vuole infatti che le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti siano valide ed efficaci se e solo se, al momento della sottoscrizione, l’altro le ha debitamente conosciute, o almeno questo è quello che avrebbe dovuto assicurarsi di fare (art. 1341 c.c.). Ciò significa, in altri termini, che bisogna sempre firmare in modo consapevole e non superficiale e, soprattutto, solo dopo aver letto la documentazione in ogni parte. E’ importante inoltre sapere che, in ogni caso, alcune clausole devono essere specificatamente approvate per iscritto (artt. 1341- 1342 c.c.): sono le cosiddette “clausole vessatorie”, cioè quelle che possono determinare uno squilibrio dei diritti e degli obblighi a favore dell’uno o dell’altra parte. Se sottoscriviamo un contratto come consumatori (secondo il Codice del Consumo è consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta), le clausole vessatorie devono essere oggetto di una specifica trattativa tra le parti. È così ad esempio per la specifica trattativa (e sottoscrizione) della clausola che riconosca al solo professionista, e non anche al consumatore, la facoltà di recedere dal contratto. Tutte queste clausole (e quelle meglio elencate all’art. 33 del Codice del Consumo al quale si rinvia per una lettura più completa) si presumono vessatorie fino a prova contraria. Non basta in questo caso la sola sottoscrizione, ma spetterà quindi alla vostra controparte dimostrare che dette clausole siano state oggetto di specifica trattativa. In mancanza la clausola vessatoria si considererà nulla, mentre il vostro contratto resterà valido. Vale poi la pena di ricordare che alcune clausole sono sempre e comunque considerate vessatorie, anche se oggetto di trattativa individuale. Tra queste quelle che: a) escludono o limitano la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione dello stesso professionista; b) escludono o limitano le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale, o di adempimento inesatto da parte del professionista; c) prevedono l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto. Prestate quindi particolare attenzione in tutti i casi in cui il contratto preveda una doppia sottoscrizione: potrebbe contenere una o più clausole che attribuiscono particolari diritti alla vostra controparte. Proprio per questo motivo la legge richiede un’espressa approvazione (ad esempio, potrebbe trattarsi di rinnovo tacito, della facoltà esclusiva di recedere dal contratto, o ancora di deroga alla competenza territoriale del Giudice, ecc..). Una volta ancora, anche in questo caso il primo e basilare suggerimento rimane lo stesso: pretendete una copia del contratto e leggete con attenzione ogni clausola. Se avete dubbi, prima di firmare, rivolgetevi ad una professionista di fiducia: potrete così firmare in totale serenità e soprattutto in modo più consapevole. Prendete quindi questi semplici suggerimenti come linee guida da tenere sempre presenti quando vi trovate, penna alla mano, di fronte alla firma di un contratto. Sono piccoli consigli pratici che si possono adattare a qualsiasi situazione. Nel prossimo articolo indagheremo insieme le clausole contrattuali cui bisogna prestare maggiore attenzione per non incorrere in spiacevoli sorprese.
Autore: noreply.site 08 mag, 2023
Come noto è obbligo di ogni genitore mantenere, istruire ed educare i figli. Lo sancisce la Costituzione (art. 30) ed è un dovere più volte richiamato dal Codice Civile e dal Codice Penale. Tuttavia, cosa succede in caso di separazione, divorzio ovvero di dissoluzione dell’unione familiare tra genitori non coniugati? Cosa prevede la legge in ordine all’affidamento ed alla collocazione dei figli? Ed in ordine al loro mantenimento? Le parti possono decidere di provvedere direttamente al mantenimento dei propri figli senza dover corrispondere un assegno mensile? Queste sono solo alcune delle domande più comuni che vengono poste quando si è in procinto di affrontare una crisi familiare. Vediamo di fare chiarezza. L’affidamento condiviso Prima di tutto è importante sapere che la Legge 8 febbraio 2006 n. 54 ha introdotto nel nostro ordinamento la regola dell’affidamento condiviso. Con tale termine si intende una modalità di affidamento dei figli che privilegia e valorizza la responsabilizzazione di entrambi i genitori: quest’ultimi, infatti, anche se vivranno separatamente continueranno ad esercitare congiuntamente la potestà genitoriale sui figli ed adotteranno per loro, di comune accordo, le decisioni di maggiore interesse (salute, scuola, educazione…). I genitori saranno invece normalmente liberi, anche singolarmente, di adottare le decisioni di ordinaria amministrazione per i figli (ad esempio le attività quotidiane o la gestione della giornata nei rispettivi periodi di frequentazione). La legge quindi privilegia nettamente la collaborazione tra i genitori nell’interesse esclusivo dei figli e favorisce l’affidamento degli stessi ad entrambe le figure genitoriali. Solo in casi eccezionali, ovvero in caso di gravi inadempienze genitoriali o quando uno dei genitori non possa o non voglia provvedere all’educazione ed al mantenimento dei figli o si dimostri inidoneo in tal senso, il Giudice potrà disporre l’affidamento esclusivo degli stessi all’altro genitore. Sempre tuttavia tenendo in considerazione il primario interesse dei minori, principio ispiratore di tutta la normativa in materia. L’affidamento condiviso significa collocazione paritaria? No. E’ bene non confondere l’affidamento dei figli con la loro collocazione. Sebbene la Legge 8 febbraio 2006 n. 54 tenda ad una parificazione del ruolo dei genitori ed a garantire una presenza costante di entrambi nella quotidianità dei figli, l’affidamento condiviso non significa automaticamente che i figli trascorreranno la metà del proprio tempo con la mamma ed il papà. Sul punto la Corte di Cassazione si è espressa più volte sancendo che la frequentazione del tutto paritaria tra genitori e figli ha natura “tendenziale” (Cassazione Civile, Ordinanza 4.10.2022 n. 28676). Il che equivale a dire che, sebbene sia auspicabile che i figli trascorrano tempo uguale con entrambi i genitori, nella pratica le cose possono andare anche in modo molto diverso. Ovvero il Giudice, in assenza di accordo tra le parti, può stabilire che la collocazione paritaria dei figli non sia la più opportuna per la loro crescita ed il loro benessere. Ad esempio in caso di alta conflittualità tra i genitori ovvero in caso di eccessiva distanza tra le rispettive abitazioni di quest’ultimi. In buona sostanza ogni situazione rappresenta un caso a sé: il Giudice sarà chiamato, di volta in volta, ad una valutazione ponderata che tenga conto in primo luogo del benessere psicofisico dei minori. Spesso il Giudice deciderà con l’ausilio di Servizi Sociali o di un Consulente nominato dal Tribunale per individuare la soluzione migliore in ordine all’affidamento ed al collocamento dei figli. E’sempre tuttavia auspicabile che le parti, prima di far decidere il Giudice, tentino di trovare un accordo per salvaguardare il benessere psicofisico dei figli ed evitare che gli stessi siano coinvolti in annose e pericolose battaglie giudiziarie. E’ possibile optare per una collocazione paritaria dei figli? Come dicevamo la collocazione paritaria dei figli è certamente possibile anche se, ad oggi, per lo più è rimessa all’accordo delle parti. In caso di contrasto tra i genitori, sono infatti ancora rare le pronunce dei Tribunali a favore di una collocazione paritaria dei minori presso le residenze della mamma e del papà. Eppure, come è stato acutamente osservato (Tribunale Catanzaro - sentenza n. 443/2019), “la soluzione della suddivisione paritetica dei tempi di permanenza” è da ritenersi “preferibile laddove ve ne siano le condizioni di fattibilità e, quindi, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche del caso concreto”. Il che, in altri termini, significa che tale soluzione potrà essere esclusa, “in presenza di figli minori molto piccoli (magari ancora in età da allattamento)” ovvero se la situazione familiare e personale delle parti non lo consenta per motivi di inidoneità delle rispettive abitazioni o di inconciliabili impegni lavorativi. Ad avviso di chi scrive è auspicabile un deciso cambio di rotta della prassi giudiziaria che spinga verso una maggior responsabilizzazione di entrambi i genitori. In tale ottica i genitori devono essere chiamati concretamente alla condivisione reale (e non soltanto teorica) di un programma di eduzione e gestione dei figli. A tal fine è fondamentale che i genitori siano considerati in una posizione paritetica e che a ciascuno di loro sia consentito di essere presente, in modo continuativo, nella vita quotidiana dei figli. Interessante notare che, la paritaria suddivisione dei tempi di frequentazione tra genitori e figli risulta la soluzione “in linea teorica aderente alla previsione contenuta nel citato art. 337 ter c.c. che non pare riferirsi esclusivamente all'affidamento legale condiviso, ma anche alla custodia fisica condivisa.” (Tribunale Catanzaro - sentenza n. 443/2019). Anche da un punto di vista scientifico e psicologico non paiono esserci dubbi sull’opportunità di una collocazione paritaria dei figli presso entrambi i genitori. Una frequentazione paritaria dei minori con entrambi i genitori potrebbe infatti rinforzare e salvaguardare la relazione parentale altrimenti compromessa da un’eventuale limitazione dei tempi di visita e/o pernottamento. Come ha osservato opportunamente il Tribunale di Catanzaro con la citata sentenza, “è principio ampiamente condiviso nella letteratura scientifica quello secondo cui entrambi i genitori necessitano di molto tempo trascorso con i propri figli per creare delle relazioni durature e consolidate e che, se questo non avviene, il tentativo di recuperare un rapporto compromesso diviene molto difficile specie con il passare del tempo”. E’ auspicabile pertanto una sempre maggior valorizzazione del rapporto dei figli con entrambi i genitori. In tale ottica pare sicuramente apprezzabile e pienamente condivisibile la recente ordinanza n. 1993/2022 della Corte di Cassazione secondo la quale “ il regime legale dell'affidamento condiviso, in quanto orientato alla tutela dell'interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione paritaria dei genitori”. E il mantenimento dei figli? La quantificazione del contributo al mantenimento dei figli minori (o maggiorenni non economicamente autosufficienti) è influenzata da diversi fattori. Nello specifico il Giudice (salvo diverso accordo tra le parti) dovrà decidere tenendo in considerazione: - le attuali esigenze del figlio; - il pregresso tenore di vita di quest’ultimo in costanza di convivenza con i genitori; - i tempi di permanenza presso ciascun genitore; - le risorse economiche (reddito e patrimonio) di entrambi i genitori; - la valenza economica dei compiti domestici e delle cure assunti da ognuno dei genitori. Orbene, come già affermato anche dalla Corte di Cassazione (Ordinanza n. 3203 del 15.12.2020), l’ampliamento dei diritti di visita e frequentazione del genitore non collocatario dei figli può influire in modo diretto sul contributo al loro mantenimento mensile. In altri termini, il contributo al mantenimento dei figli è inversamente proporzionale al tempo trascorso con il genitore obbligato al versamento. Chi scrive condivide pienamente quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la citata ordinanza. E’ infatti indubbio che il contributo al mantenimento mensile dei figli risponda all’esigenza di compensare il maggior sacrificio economico cui è chiamato il genitore che abbia quest’ultimi con sé per un periodo di tempo più ampio (si pensi ad esempio a tutte le spese quotidiane per il cibo, il vestiario, ecc…). Ma se la diseguaglianza dei tempi di frequentazione tra i genitori e figli viene meno, è evidente che dovrà essere rivalutato anche l’obbligo alla corresponsione di un assegno mensile. Ciò in quanto le parti si ritroverebbero, di fatto, in una situazione di sostanziale equilibrio provvedendo direttamente ed in egual misura al mantenimento dei figli. *** *** *** In ogni caso di crisi familiare, nel decidere sull’affidamento, la collocazione ed il mantenimento dei figli, il Giudice dovrà comunque preliminarmente valutare l’eventuale sussistenza di accordi tra le parti. E’ ovviamente sempre auspicabile infatti che i genitori condividano, eventualmente anche attraverso un percorso di mediazione familiare o l’ausilio di esperti, le modalità di frequentazione, collocazione e mantenimento dei figli. Un eventuale accordo consentirà di ridurre al minimo per i figli l’inevitabile sofferenza derivante dalla disgregazione familiare. E’ quindi fondamentale che i genitori provino a concordare in autonomia la nuova organizzazione della famiglia e le modalità di continuazione del rapporto con i figli anche successivamente alla crisi della famiglia. Sempre nell’interesse esclusivo dei minori ed in linea con la auspicata parificazione dei ruoli e dei compiti genitoriali.
Share by: